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A cura di  Prof. Giuseppe Luzi Medico Chirurgo Specialista in Allergologia e Immunologia Clinica, Medicina di Laboratorio, Oncologia, Malattie Infettive, Professore associato di Medicina Interna Università La Sapienza di Roma II Facoltà di Medicina e Chirurgia


Vaccini e malattie infettive : parliamone

I  progressi  della  cultura  non  seguono  quelli  dello sviluppo  economico.  È  stato  un  tema  caro  a  Pasolini,  che  guardava  al  nostro  Paese e  alle  gravi  distorsioni sociali che lo caratterizzavano nel suo tempo. Ma poco è cambiato. Cosa significa ricorrere a queste affermazioni parlando dei vaccini e malattie infettive ? Semplicemente significa continuare una battaglia antioscurantista che può essere considerata  l’epifenomeno  di  una  ridotto  approccio  alle  elementari conoscenze di base. L’umanità ha sempre avuto tre elementi con i quali fare i conti:

  • la povertà con la fame,
  • le  malattie  e  le  malattie  infettive  in  particolare,
  • la guerra.

Malattie infettive- cenni storici

Guardiamo  alle  malattie  infettive.  Ragioniamo  su  alcuni  punti,  tanto  per  avere  qualche  esempio.  Nel 1330 compare la morte nera, causata dal batterio Yersinia pestis. Si stima che siano morte tra i 100 e i 200 milioni di soggetti nei territori euroasiatici. Nel 1520 i soldati spagnoli che sbarcano in Messico diffondono il vaiolo. La popolazione si dimezza. Gli uomini del capitan Cook, nella seconda metà del Settecento arrivano nelle Hawaii e introducono nuovi patogeni sconosciuti in quei territori (virus influenzali, tubercolosi, lue). Nei primi  anni  del  XX  secolo  circa  un  terzo  degli  individui in età pediatrica moriva prima di raggiungere l’età adulta.  Al  termine  della  Ia Guerra  Mondiale  circa  50 milioni di persone muoiono per l’influenza spagnola. Non stiamo parlando di date lontane. Poi compaiono i vaccini, gli antibiotici e si assiste a un miglioramento della qualità della vita (uso dell’acqua corrente, riscaldamento, igiene ambientale diffusa, disponibilità di cibo ). La specie umana si dedica così più tranquilla allo sviluppo “economico”, conquista (?) la  luna,  ottimizza  i trasporti,  introduce  una  rete  mondiale di comunicazioni, “globalizza”. Forse  dimentica  (non  tutti  per  fortuna),  che  nel 1967 ancora 15 milioni di persone erano colpite dal vaiolo e che circa 2 milioni morirono. Ma una campagna di  vaccinazione  dell’Organizzazione Mondiale  della  Sanità  ha  permesso  l’eradicazione  della  malattia.  Ora nessuno si vaccina più perché il virus non c’è. Liberi.

Ma i problemi non si fermano con il vaiolo. Per venire ai nostri giorni ricordiamo la SARS, l’influenza aviaria e quella suina e il recente episodio di Ebola. La nostra specie ha elaborato comunque con buona efficacia  sistemi  di  contenimento  di  queste  patologie  infettive e molte altre sono sotto controllo perché i sistemi vaccinali sono ora imposti per legge.

In conclusione

Non è accettabile che si continui con ostinazione e protervia a sostenere che i vaccini sono rischiosi o addirittura dannosi. Ormai sono in atto campagne delle varie istituzioni pubbliche che cercano di contenere  questa  aggressione  all’intelligenza,  ma  non dobbiamo fermarci. Quale sviluppo economico può favorire il progresso se un’informazione preconcetta finisce con l’essere l’unico approccio “culturale” di chi non è in grado di discernere su temi che non conosce? Parlare dei vaccini da profani non è la stessa cosa che suggerire all’allenatore di una quadra di calcio la migliore formazione per il campionato. L’informazione va controllata, gli errori vanno sottolineati  e  i  rischi  affrontati,  ma  pensiamo  soltanto a come  andiamo  in  crisi  se  all’improvviso  manca  l’acqua o non c’è più la luce in casa. Il futuro è nei vaccini, piaccia o non piaccia.