L’OTITE MEDIA NEL BAMBINO: UNA SERIA COMPLICANZA DEI RAFFREDDAMENTI
In ogni stagione, non solo nei mesi più freddi, è possibile il coinvolgimento infiammatorio e infettivo dell’orecchio medio, di quel distretto cioè dell’orecchio che si trova tra il comparto esterno e quello interno.
L’orecchio medio è formato da una cavità (cassa timpanica) che comunica con l’esterno tramite un canale, la tuba di Eustachio, che permette la comunicazione aerea con lo spazio rinofaringeo, collocato posteriormente alle fosse nasali.
All’interno dell’orecchio medio sono posizionati tre piccoli ossicini, il martello, l’incudine e la staffa, articolati l’uno con l’altro per consentire la trasmissione dei suoni provenienti dall’orecchio esterno attraverso la membrana timpanica, fino all’orecchio interno, ove l’onda sonora si trasformerà in impulso bioelettrico che percorrendo il nervo acustico, giungerà fino alla corteccia cerebrale temporale.
Per svolgere correttamente la sua funzione, la cavità timpanica deve contenere aria che abbia gli stessi valori di pressione di quella esterna. Questo avviene grazie alla tuba di Eustachio che, aprendosi e chiudendosi più volte al minuto, durante la deglutizione, i movimenti della mandibola, garantisce un continuo ricambio.
La tuba presenta differenze anatomiche di disposizione spaziale e di lunghezza tra soggetti adulti e bambini.
Figura 2. Differenze tra le caratteristiche della tuba di Eustachio del bambino e dell’adulto.
La conformazione più corta e meno inclinata (quasi orizzontale) nel bambino, favorisce il più facile coinvolgimento dell’orecchio medio del piccolo soggetto da parte dei processi infiammatori delle alte vie respiratorie (fosse nasali, faringe). Tali processi portano a un edema della mucosa tubarica che determina una chiusura parziale, momentanea o persistente di questa. (Fig. 2)
Tale blocco di circolazione aerea conduce a sua volta a una riduzione della pressione all’interno della cassa favorita da un riassorbimento da parte della mucosa di rivestimento. Si crea così un meccanismo di depressione che altera il movimento della catena degli ossicini con conseguente riduzione dell’intensità e distorsione dei suoni percepiti dal soggetto, che potrà lamentare dolore anche molto marcato.
La mancanza di una buona pressurizzazione dell’orecchio medio determinerà inoltre il formarsi di muco denso o pus (tipici batteri riscontrati sono lo Streptococcus pneumoniae, l’Haemophilus influenzae, la Moraxella catarrhalis), con ulteriore aggravamento della capacità uditiva e aumento delle possibilità di rischio di complicanze di strutture anatomiche anche contigue all’orecchio come le meningi, il nervo facciale, il tessuto cerebrale o l’estensione verso la setticemia. Fortunatamente tali complicazioni sono oggi divenute più rare grazie anche all’uso degli antibiotici.
Nei bambini, soprattutto tra i 3 e i 6 anni, le tube possono essere ulteriormente ostacolate nella loro funzione dalla presenza delle vegetazioni adenoidee (tonsilla faringea), collocate proprio a ridosso delle aperture faringee delle tube (osti tubarici). Le adenoidi tendono, per loro costituzione e dopo aggressioni microbiche, ad aumentare il loro volume (ipertrofia), occupando uno spazio aereo sempre maggiore e di fatto bloccando parzialmente o totalmente l’apertura di uno o di entrambi i canali tubarici. Salvo particolari situazioni (stimoli allergici, sinusiti, etc.), intorno alla pubertà le adenoidi riducono molto il loro volume, con relativo ampliamento dello spazio aereo attorno agli osti delle tube di Eustachio. Ciò fa diminuire sensibilmente gli episodi di otite media. (Fig. 3,4)
Figura 3. Adenoidi normotrofiche.
Figura 4. Ostruzione dell’ostio tubarico da parte del tessuto adenoideo ipertrofico.
Anche l’allergia respiratoria (e anche – come sembrerebbe – quella di origine alimentare), oggi presente in molti bambini (un caso su tre/quattro), non solo può aumentare la probabilità di contrarre infezioni che coinvolgano anche le tube e l’orecchio medio ma già di per sé stessa determina lo stato di flogosi che può alterare tali distretti. Di ciò si dovrà tener conto quando si imposterà la terapia farmacologica.
Da queste premesse appare evidente come la possibilità di evitare le otiti medie nei bambini passi principalmente da una prevenzione delle infezioni respiratorie coinvolgenti le vie nasali e la faringe, e da una diminuzione del possibile blocco meccanico delle due tube di Eustachio causato da altri fattori come le vegetazioni adenoidee o le allergie. Da più di un decennio si sono evidenziate altre possibili cause o concause di infiammazione delle alte vie respiratorie, orecchio medio compreso, come il reflusso gastro-esofago-faringeo, la sindrome delle apnee ostruttive del sonno, lo smog delle città o delle aree industriali, il fumo passivo, le sindromi con deficit immunitario, malformazioni cranio-facciali (es. palatoschisi), le discinesie ciliari: anche di tutto questo il pediatra e l’otorinolaringoiatra dovranno tenere conto, avvalendosi di altri consulenti specialisti.
Nella sua forma acuta, l’otite media del bambino è al secondo posto dopo il raffreddore comune tra le patologie per le quali viene richiesta una visita al pediatra di famiglia. Il suo picco di incidenza e la prevalenza sono compresi tra i 6 e i 20 mesi d’età, in prevalenza maschi; dopo i 2 anni l’incidenza si abbassa progressivamente. Essa è senz’altro tra le cause più frequenti di prescrizione di farmaci antimicrobici ai bambini ed è il principale motivo per sottoporre un bimbo a un intervento chirurgico (timpanostomia e/o adenoidectomia).
La sintomatologia è variabile specie nei neonati e nei piccoli. Il dolore può dare irritabilità o disturbi del sonno o delle abitudini alimentari. La febbre non è sempre necessariamente presente. La visita specialistica otorinolaringoiatrica e indagini diagnostiche-strumentali oggi eseguibili (come l’esame timpanometrico, l’esame audiometrico, la fibroscopia delle alte vie respiratorie quando utile) consentono una diagnosi e la relativa terapia.
La terapia medica rappresenta il primo e principale approccio al trattamento delle otiti medie e alla loro prevenzione. I controlli otoscopici da parte del pediatra e/o dell’otorinolaringoiatra sono importanti, non tanto nelle forme acute, ove il dolore del bambino è il vero campanello di allarme facilmente individuabile, quanto nelle forme sub-acute o croniche che possono sfuggire all’attenzione dei genitori, e dove spesso l’unico segnale è rappresentato dall’abbassamento delle capacità uditive (ipoacusia). Le linee guida della Società Italiana di Pediatria suggeriscono un pronto impiego degli antibiotici solo nei bambini di età inferiore ai 6 mesi o nei bambini di età compresa tra 6 e 24 mesi con diagnosi di otite certa. Al di sopra di questi limiti è consigliata un’attesa vigile eccetto che nelle forme gravi e bilaterali. In Italia oltre l’80% delle otite è trattato però con gli antibiotici, a dimostrazione che l’atteggiamento di “vigile attesa” non viene rispettato nella routine ambulatoriale. Ciò si ripercuote sull’aumento della resistenza batterica nei confronti degli antibiotici. In Paesi come ad esempio l’Olanda, dove l’uso di tali farmaci nell’otite è molto meno comune, i tassi di resistenza antimicrobica per i patogeni principali sono inferiori a quelli dei Paesi in cui l’antibioticoterapia viene attuata all’esordio della malattia.
L’atteggiamento di attesa presuppone naturalmente un controllo otoscopico reale, non telefonico, nell’arco delle 24 – 48 ore (ossia due controlli a breve distanza di tempo).
Oltre al continuo perfezionamento della terapia antibiotica, la ricerca farmacologica mette a disposizione molecole ad azione antinfiammatoria, antiallergica, immunostimolante, sia per via locale che sistemica, tali da poter gestire al meglio l’otite media del bambino, con rari e in genere non importanti effetti collaterali. Dunque anche se usati a lungo termine, i farmaci preventivi delle disfunzioni tubariche e dell’ipertrofia adenoidea dimostrano un’ottima compliance anche nei soggetti più piccoli. La prevenzione dell’otite media infantile prevede un approccio mirato alle vie nasali e alle loro frequenti patologie, e a ridurre l’eccessivo volume delle vegetazioni adenoidee; attuare i frequenti lavaggi giornalieri endonasali con soluzioni saline isotoniche (di routine) e ipertoniche (durante raffreddamenti acuti per 7-10 giorni), impiegare gli immunostimolanti (da iniziare molto prima dell’apertura delle scuole a metà settembre), e l’evitare al bambino, soprattutto nella prima infanzia, luoghi di aggregazione come l’asilo-nido o la scuola materna fino a quando le condizioni generali e locali siano ritornate ottimali, potranno evitare le recidive e la cronicizzazione della patologia; purtroppo lo sviluppo attuale della nostra società troppo spesso non consente di attuare quelle accortezze e precauzioni da parte della famiglia del bambino che consentirebbero di tutelarlo al meglio durante le malattie da raffreddamento; non viene più attuata la convalescenza, riportando il bambino troppo rapidamente in società con altri coetanei, creando un circolo vizioso fra malattie delle vie respiratorie recidivanti e immunodepressione del sistema linfatico del bambino perché eccessivamente sollecitato dalle stesse infezioni, favorendo di fatto le complicanze come l’otite media recidivante o cronica.
Attualmente in ambito pediatrico si manifestano due opposti ragionamenti e due conseguenti opposte filosofie operative: da un lato c’è chi propone (più classicamente) la sospensione temporanea dell’accesso a scuola per un lasso di tempo che va oltre la completa remissione dei sintomi (convalescenza!); dall’altro lato c’è chi – valutando come impossibile per l’organizzazione familiare avere a disposizione qualcuno che possa accudire il piccolo malato per tempi prolungati – ritiene di far riammettere il bimbo in comunità scolastica anche il giorno successivo allo sfebbramento.
Probabilmente in attesa di migliori conoscenze sul sistema immunitario del bambino, sarebbe auspicabile dare al genitore-lavoratore la possibilità di usufruire di più giorni per assistere il proprio figlio convalescente. Anche l’uso di particolari classi di antibiotici, i macrolidi (azitromicina), ripetuti ciclicamente per diversi mesi, per contrastare le recidive della malattia, non sembra aver portato a un miglioramento statisticamente significativo, oltretutto con il rischio di un incremento delle resistenze batteriche.
Infine, nei casi di fallimento della terapia medica sia pur ben eseguita ad opera dell’otorinolaringoiatra e dei genitori o dopo un elevato numero di episodi di recidive, con conseguente cronicizzazione della patologia, la via chirurgica (in anestesia generale) di asportazione delle vegetazioni adenoidee con o senza l’inserimento di tubicini di ventilazione trans-timpanici (Fig. 5), può rappresentare la soluzione terapeutica migliore per prevenire sequele arrecanti inevitabilmente danni a un organo sensoriale fondamentale per l’apprendimento in generale e in particolare del linguaggio.
Figura 5. Inserimento del tubicino di drenaggio (neotuba) nell’apertura chirurgica praticata sulla membrana timpanica (timpanocentesi).