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Saper ascoltare è una dote che aiuta moltissimo nelle relazioni interpersonali, permettendoci di entrare in sintonia e in empatia con l’altro. Saper ascoltare i nostri figli (e non solo porgendo l’orecchio), accresce la qualità della relazione, a qualsiasi età. Saper ascoltare e comprendere davvero, possono determinare un sano e costruttivo rapporto genitori – figli.

Vediamo come fare:

  1. Dare a nostro figlio un’attenzione piena e autentica lo farà sentire compreso e amato.
  2. Accettare sinceramente i suoi sentimenti, anche se non corrispondono ai nostri o non sono quelli che, secondo noi, lui dovrebbe provare in quel momento.
  3. Avere molta fiducia in lui/lei, nella sua capacità di gestire i suoi sentimenti, considerandolo una persona a sé stante, non dipendente da noi in tutto e per tutto. Una persona con la sua vita e il suo modo personale di affrontarla.
  4. Dobbiamo volere davvero entrare in empatia con lui, metterci nei suoi panni, sforzarci di capirlo e di vedere le cose dal suo punto di vista, che non è necessariamente uguale al nostro.
  5. Dobbiamo ascoltarlo “attivamente” anche quando nostro figlio si comporta in un modo che non riteniamo accettabile, come ad esempio quando fa i “capricci”.

Se vogliamo essere ascoltati dai nostri figli, iniziamo noi ad ascoltarli per primi.

Ascolto attivo, cos’è

L’ascolto attivo o l’arte di saper ascoltare è uno dei primi momenti nel processo della comunicazione. Comunicare con i figli in modo efficace vuol dire instaurare una comunicazione basata sull’ascolto vero, attivo appunto, aggiungendo un ingrediente molto importante: l’empatia.
Ponendosi in modalità “attiva”, ascoltare non significa semplicemente percepire e ricevere un messaggio, ma esercitare un “ascolto attivo”, basato su un’accettazione incondizionata del proprio interlocutore, così come su una condivisione empatica, che ci rende disponibili a comprendere lo stato emotivo dell’altro.
Ascoltare in modo empatico significa accogliere senza giudicare: l’ascolto empatico, infatti, richiede al genitore di concentrarsi sul bambino, sul suo stato emotivo, concedendogli e riconoscendogli il tempo per esprimersi e sentirsi quindi sempre accolto e accettato, senza dover essere oggetto di un giudizio morale.

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