Ritmo, voce ed espressioni facciali esagerate: così la recitazione migliora le abilità comunicative.
William Shakespeare riesce a fare breccia nella cortina che separa i bambini autistici dal mondo circostante: la recitazione delle sue opere, insegnata attraverso il gioco, ha infatti il potere di migliorare le abilità comunicative e sociali dei piccoli affetti da disturbi dello spettro autistico. Lo dimostra uno studio dell’Università dell’Ohio, pubblicato sulla rivista Research and Practice in Intellectual and Developmental Disabilities.
La “Shakespeare Therapy” nasce da un’idea di Kelly Hunter, attrice della Royal Shakespeare Company di Londra, che nel 2002 ha fondato una propria compagnia per lavorare insieme ai bambini, anche austistici. Grazie alla sua esperienza ha sviluppato un vero e proprio metodo di insegnamento, chiamato “Hunter Heartbeat Method”, che sfrutta la ritmicità del linguaggio e la gestualità fisica delle opere del drammaturgo e poeta inglese per aiutare i bambini a superare i loro blocchi comunicativi.
Ogni lezione comincia con i bambini seduti in cerchio per terra che si salutano battendo la mano sul petto secondo il ritmo del cuore: questo gesto li aiuta ad adattarsi all’ambiente circostante e dà il via alla sessione. Gli istruttori a questo punto guidano i bambini attraverso una serie di giochi, basati sulla trama della commedia shakespeariana “La tempesta”, che puntano a potenziare alcune abilità come il contatto visivo, il riconoscimento facciale delle emozioni, lo scambio di battute e l’improvvisazione. Alla fine, la lezione si conclude con un altro saluto a ritmo del cuore.
Dopo anni di sperimentazioni empiriche, l’attrice Kelly Hunter ha cominciato a collaborare con l’Università dell’Ohio, dando vita ad una vera sperimentazione scientifica per dimostrare coi fatti la potenza del teatro di Shakespeare. I ricercatori hanno dunque arruolato 14 bambini autistici, sottoponendoli al metodo della Hunter con un’ora di lezione a settimana dopo la scuola. A distanza di 10 settimane, i bambini hanno mostrato notevoli miglioramenti, sia per quanto riguarda le abilità linguistiche che il riconoscimento delle espressioni facciali. A dichiararlo non sono stati solo gli esperti dell’Ateneo, ma anche gli stessi genitori dei bambini, sorpresi dai progressi ottenuti.
(fonte: Portale sull’Autismo)
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