allergie alimentari bambini

A cura di  Federica Rota, specialista in Allergologia e Immunologia Clinica, svolge attività di consulenza nell’ambito del servizio di Allergologia.


L’allergia alimentare è una patologia comune, che colpisce i bambini più spesso che gli adulti. Le reazioni avverse a cibo tipicamente si manifestano nella prima infanzia.

Si definisce reazione avversa a un alimento ogni reazione indesiderata e imprevista che fa seguito all’ingestione di un alimento. Tali reazioni possono essere suddivise in reazioni di tipo tossico e in reazioni da ipersensibilità. Le reazioni di tipo tossico, benché possano causare sintomi analoghi a quelli delle intolleranze e delle allergie, sono causate da sostanze che possono contaminare gli alimenti e si contraddistinguono per essere dose-dipendenti. Possiamo distinguere vari tipi di contaminazione:

  1. Intossicazioni causate da sostanze chimiche sintetiche aggiunte ai cibi come pesticidi e insetticidi i quali rimangono all’interno degli alimenti durante i processi di produzione; additivi, antibiotici somministrati agli animali durante il loro allevamento; metalli come piombo, rame, zinco che possono essere ceduti dai contenitori;
  2. Intossicazioni causate da sostanze chimiche naturali presenti o che si producono nei cibi come micotossine, tossine responsabili dell’avvelenamento da funghi come la muscarina; tossine prodotte da alghe ingerite da pesci e crostacei che provocano segni gastrointestinali e neurologici;
  3. Contaminazione batterica con tossine batteriche in cibi avariati o istamina prodotta da batteri inquinanti; si ricorda il pesce mal conservato è responsabile della sindrome sgombroide.

Le reazioni da ipersensibilità sono reazioni generalmente imprevedibili, vengono divise in reazioni di natura allergica quando è possibile evidenziare un meccanismo immunologico, sia esso IgE o non IgE-mediato, e in reazioni di natura non allergica.

Le reazioni da ipersensibilità di natura non allergica comprendono quelle definite anche come intolleranze alimentari, che possono essere da deficit enzimatici, farmacologiche o indefinite.

 

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  1. Enzimatiche: comprendono i classici errori congeniti del metabolismo come la fenilchetonuria, il favismo, intolleranza congenita a mono e disaccaridi e il deficit di lattasi secondario ad enterite.
  2. Farmacologiche: si manifestano in individui che hanno una aumentata reattività a sostanze presenti in alcuni cibi. Possono essere dovute alla presenza nel cibo di amine vasoattive o di sostanze istamino-liberatrici. Un primo gruppo è costituito dalle amine vasoattive come l’istamina che è una diamina e può provocare nausea, vomito, diarrea, dolori addominali, orticaria, ipotensione, cefalea, palpitazioni cardiache. Cibi ricchi di istamina sono pesci della famiglia degli sgombridi, alcuni formaggi, vini rossi, estratto di lievito, cibi fermentati anche vegetali, birra.
    Altri alimenti come il bianco d’uovo, crostacei, cioccolato, fragole, etanolo, pomodori, agrumi possono determinare per meccanismi non ancora completamente conosciuti il rilascio di istamina di provenienza endogena. Tra le amine vasoattive la tiramina e la feniletilamina sono invece monoamine e possono provocare aumento della pressione arteriosa, cefalea, palpitazioni, vampate di calore, sudorazione, nausea, vomito. Tra le molecole capaci di provocare intolleranze farmacologiche si aggiungono le metilxantine (caffeina, teofillina, teobromina), la capsicina del peperoncino, la miristicina della noce moscata, l’alcol etilico. La caffeina può dare ansia e attacchi di panico, la capsicina eritemi e dolore cutaneo urente; la miristicina può dare calore e rossore cutaneo, nausea, vomito, allucinazioni, secchezza della mucosa orale, palpitazioni; l’alcol calore e rossore cutaneo, nausea e vomito, tachicardia, ipotensione, sonnolenza, coma.
  3. Indefinite: sono quelle senza un meccanismo patogenetico conosciuto o dimostrabile. Tra queste le intolleranze ad additivi per il loro meccanismo d’azione ancora poco conosciuto che si colloca a cavallo tra le intolleranze e le allergie. Da sempre gli additivi sono stati aggiunti agli alimenti per migliorarne la conservazione; ad oggi si calcola che ne vengano usati da 2.000 a 20.000 secondo differenti stime, con un consumo annuo procapite molto elevato nei paesi industrializzati. Gli additivi hanno una sigla stabilita dalla Comunità Europea, costituita dalla lettera E, seguita da un numero. Gli additivi possono provocare reazioni di vario tipo, mediate da meccanismi immunologici anche IgE dipendenti, o da meccanismi farmacologici, con il rilascio di istamina o di neuropeptidi; purtroppo la grande maggioranza dei disturbi da additivi si producono con meccanismi ancora sconosciuti. Tra gli antiossidanti i solfiti, usati soprattutto come sodio metabisolfito, sono contenuti in molte bevande (p.e. vino, birra, succhi di frutta) e in alimenti come formaggi, frutta secca, salse, crostacei. Possono dare asma, rinosinusite vasomotoria, prurito, orticaria e angioedema.Tra i conservanti i sorbati, benzoati e p-idrossibenzoati sono largamente usati. Essi sono contenuti in numerose bevande alcoliche e non alcoliche e in numerosi alimenti come formaggi, marmellate, salse, pesce in scatola, prodotti da forno preconfezionati. Possono dare asma. Il nitrito di sodio è usato per la conservazione delle carni salate, stagionate, essiccate e in scatola. Può dare cefalea e vasodilatazione al viso. I coloranti si distinguono in naturali (p.e. clorofilla, carotenoidi, rosso di barbabietola, antociani) e artificiali (p.e. giallo di tartrazina, giallo arancio, eritrosina). Il giallo di tartrazina ha dimostrato capacità di provocare asma e sindrome orticaria-angioedema. Riguardo agli esaltatori di sapidità il più diffuso è il glutammato di sodio, molto usato nella cucina orientale ma anche da noi in molti alimenti in scatola (carni) o preconfezionati (ravioli, alcuni insaccati) oltre che nei dadi per brodo. Questo può dare la cosiddetta “sindrome da ristorante cinese” che si manifesta qualche ora dopo aver consumato il pasto con cefalea, senso di costrizione al torace, nausea, sudorazione, palpitazioni; secondo alcuni autori anche asma.Tra i principali dolcificanti ricordiamo l’aspartame, la saccarina e il sorbitolo. L’aspartame (da non somministrare a pazienti con fenilchetonuria) può dare cefalea ed orticaria. Il sorbitolo, usato soprattutto nelle caramelle e nella gomma da masticare, può dare dolore addominale, flatulenza, diarrea. Gli addensanti sono gomme vegetali (p.e. gomma arabica) provenienti da alcune piante esotiche. Sono contenuti in dolci, caramelle, gelati, creme, budini, conserve, succhi di frutta, margarine, formaggi molli, condimenti commerciali e altri cibi. Possono dare eczemi, asma, rinite perenne, orticaria. La serie degli additivi potrebbe continuare molto a lungo, ma quelli elencati sono i più rilevanti, dal punto di vista di eventuali disturbi.

Come ricordato in precedenza il termine “allergia” alimentare si riferisce ai disturbi dovuti al cibo, quando mediati da meccanismi immunologici. La patogenesi dell’allergia alimentare consiste in una risposta anomala del sistema immunitario mucosale ad antigeni introdotti nell’organismo per via orale.

La prevalenza dell’allergia alimentare, cioè di quella quota di reazioni avverse ad alimenti che hanno alla base un meccanismo immunologico, è circa il 6% in età pediatrica e il 3,7% negli adulti; questo contrasta con approssimativamente il 20% della popolazione che altera la propria dieta per una “percepita” reazione avversa ad alimenti3-4.

La maggior parte delle reazioni avverse ad alimenti avvengono con un meccanismo IgE-mediato (di I tipo secondo la classificazione di Gell e Coobs) e coinvolgono la cute, il sistema gastrointestinale e respiratorio, con reazioni che vanno da lievi sintomi cutanei a reazioni anafilattiche severe. I pazienti con allergia alimentare non IgE mediata soffrono principalmente ma non esclusivamente di sintomi gastro-intestinali. Essi possono includere diarrea, crampi addominali, vomito, ritardo di crescita, reflusso cronico e/o disfagia. I meccanismi dell’allergia alimentare non IgE-mediata non sono ben caratterizzati, ma è riconosciuto che possono includere disordini cellulo-mediati (di IV tipo), o mediati da eosinofili.

Per la diagnosi di allergia alimentare, ottenere una buona anamnesi è fondamentale. In aggiunta, è possibile eseguire una serie di test in vitro e in vivo. Il gold standard rimane il test standardizzato di provocazione orale o food challenge. Più propriamente rispetto all’eziopatogenesi le allergie alimentari possono essere divise in tre categorie:

  1. Reazioni IgE-mediate;
  2. Disordini a eziopatogenesi mista IgE mediate e non IgE mediata;
  3. Malattie non-IgE-mediate.

I disordini IgE mediati possono essere classificati o come reazioni da ipersensibilità gastrointestinale immediata o come sindrome orale allergica. La sindrome da ipersensibilità immediata è un disordine che tipicamente coinvolge la cute, il tratto respiratorio, quello gastrointestinale o reazioni generalizzate come l’anafilassi. Nella maggior parte di questi pazienti, anticorpi specifici per l’alimento possono essere misurati a livello sierico in congiunzione con test cutanei positivi (Skin prick-test).

Le patologie non IgE mediate sono spesso classificate come enteropatie da proteine alimentari. L’enterocolite da proteine alimentari e la malattia celiaca sono le forme più comuni. Il morbo celiaco è caratterizzato da atrofia dei villi, iperplasia delle cripte, aumento dei linfociti intraepiteliali e un infiltrato infiammatorio misto.

L’enterocolite da proteine alimentari è tipicamente causata da proteine del latte vaccino o della soia e causa un danno variabile della mucosa intestinale associato con atrofia dei villi aspecifica e infiammazione. I disordini a patogenesi mista includono le gastroenteropatie eosinofiliche: proctocolite eosinofila, gastroenterite eosinofila ed esofagite eosinofila. Queste patologie sono caratterizzate da infiltrazione del tratto gastrointestinale in assenza di altre cellule infiammatorie.

Tra le allergie a patogenesi non IgE mediata un capitolo a parte merita la SNAS (Systemic Nichel Allergy Syndrome). Il nichel è un metallo ubiquitario che può essere ritrovato naturalmente, in alimenti vegetali e come contaminante, soprattutto negli alimenti inscatolati. Esso è frequentemente responsabile di dermatiti allergiche da contatto, ma in una piccola parte di questi soggetti può essere responsabile di sintomi sistemici (gastrointestinali e/o cutanei) quando ingerito con gli alimenti, determinando il quadro clinico identificato con il termine di SNAS. Una dimostrazione rigorosa della relazione intercorrente tra dermatite sistemica da contatto e il nichel normalmente assunto con la dieta è estremamente difficile. In particolare, sono necessari ulteriori studi e su più larga scala per valutare la realtà e la prevalenza dell’orticaria da nichel. Per quanto riguarda i sintomi gastrointestinali-nichel legati, così come la sindrome da stanchezza cronica, la fibromialgia, la cefalea, l’herpes labiale ricorrente e le infezioni ricorrenti in generale, i dati disponibili in letteratura non sono conclusivi e gli studi mancano del supporto di elementi di prova chiari.

L’approccio diagnostico a un paziente con una reazione avversa ad un alimento inizia con un’accurata storia clinica e con l’esame obiettivo, durante i quali è fondamentale identificare
il/o gli alimenti sospetti, l’eventuale concomitanza di fattori scatenanti (esercizio fisico, assunzione di farmaci come l’acido acetil-salicilico, l’ingestione di alcol), la gravità dei sintomi sviluppati, la concomitante presenza di altre patologie di natura allergica (es. rinite allergica, dermatite da contatto).
Il percorso diagnostico è differente a seconda che si tratti di una allergia IgE mediata, non IgE mediata o di una sospetta intolleranza alimentare; in ogni caso di fondamentale importanza rimangono la dieta di eliminazione, come metodo diagnostico indiretto, quando questa determini la scomparsa dei sintomi e il test di provocazione orale da attuarsi sotto sorveglianza medica in ambiente protetto.


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