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intolleranza al lattosio

Il latte 

Il latte è un alimento molto buono, saporito e dal gusto invitante e non si nega che per i bambini sia una buona risorsa di calcio e vitamina D, ma per molti individui bere latte è un problema. L’intolleranza al lattosio può colpire sin da piccoli. A soffrirne, in Italia, sarebbe tra il 15 e il 50% della popolazione adulta, percentuale che tocca i massimi livelli al Sud del Paese.

L’intolleranza al lattosio

L’intolleranza al lattosio è un disturbo spesso sottovalutato, soprattutto quando i sintomi, di per sé abbastanza generici (meteorismo, gonfore intestinale, diarrea) sono di lieve entità. Benché come tutte le intolleranze sia dose-dipendente, basta poco per innescare il disturbo. L’intolleranza al lattosio è l’incapacità dell’intestino a scindere lo zucchero complesso lattosio (che si trova nel latte di mucca, di capra, di asina oltre che nel latte della donna) in due zuccheri semplici, glucosio e galattosio, che sono assorbibili dall’intestino. Tale incapacità è data dalla mancanza totale o parziale di un enzima, la lattasi, che si trova a livello della superfcie delle cellule che rivestono l’intestino. Se non viene digerito, il lattosio che rimane nel lume intestinale viene fatto fermentare dalla flora batterica presente nell’intestino stesso con produzione di gas.

Il quadro clinico

Il quadro clinico che ne deriva è caratterizzato da dolori addominali di tipo crampiforme, con:

  • meteorismo
  • distensione addominale
  • digestione lenta
  • stanchezza
  • pesantezza di stomaco
  • senso di gonfore gastrico
  • diarrea, con feci poltacee, acquose, acide (ma in alcuni casi ci può essere anche stipsi) che insorgono da 1-2
    ore a poche ore dopo l’ingestione di alimenti che contengono lattosio.

Tuttavia tali sintomi non sono specifci: altri disordini possono causare sintomi simili, ad esempio intolleranze verso altri alimenti o additivi alimentari, allergia al Nichel o la sindrome da sovra crescita batterica nel tenue SIBO.

La sintomatologia

La sintomatologia è differente da paziente a paziente, con manifestazioni di diversa entità e importanza, a seconda del grado di carenza di produzione dell’enzima lattasi. Non vi sono particolari differenze di incidenza fra sesso maschile e femminile. Esistono tre forme: congenita, genetica e acquisita.

La diagnosi

La diagnosi si basa su due principali metodiche: H2-Breath Test e test genetico. Il test fnora più diffuso è l’H2-Breath Test, che
valuta la presenza di idrogeno nell’espirato prima e dopo la somministrazione di 20-50g di lattosio, prelevando almeno 6 campioni di aria ottenuti facendo soffiare il paziente in una sacca a intervalli regolari (ogni 30 minuti), per un tempo minimo di 3 ore.

L’ H2-Breath Test

L’ H2-Breath Test ha buona sensibilità (circa 77,5%) ed una ottima specifcità (circa 97,6%). Il test genetico permette di definire la predisposizione all’intolleranza al lattosio studiando la composizione genetica, individuando quindi i soggetti che potrebbero manifestare un defcit enzimatico. Ciò consente di defnire un comportamento alimentare e uno stile di vita adeguato e personalizzato nell’ottica di una medicina curativa e anche preventiva. Il test genetico prevede l’impiego di un tampone buccale peril prelievo della mucosa orale (dalla parete interna della guancia), a partire dal 6° mese dopo la nascita. Il test genetico manifesta un’elevata sensibilità (97%) e specifcità (95%). Essendo un test semplice e non invasivo, è di facile esecuzione anche nel bambino, in cui il Breath Test può risultare di diffcile effettuazione. Un test positivo permette di discriminare se si tratta di una forma primaria o secondaria di intolleranza al lattosio.

Quale terapia?

L’unica terapia è l’esclusione dalla dieta degli alimenti contenenti lattosio per un periodo variabile, di almeno 3-9 mesi, con successiva reintroduzione di piccole quantità crescenti valutando il livello di tolleranza raggiunto, questo in caso di intolleranza al lattosio secondaria. Se si è intolleranti in forma primaria, quindi genetica, gli alimenti contenenti lattosio devono essere esclusi dalla dieta in modo permanente. Bisogna stare molto attenti alle fonti nascoste di lattosio in quanto tale sostanza è usata frequentemente nei farmaci, integratori e dall’industria alimentare come conservante e addensante, soprattutto nel prosciutto cotto, nelle salcicce e negli insaccati in genere. Anche molti cibi precotti e alcuni tipi di pane in cassetta possono contenere lattosio. Il consiglio migliore, quindi, è quello di leggere sempre bene le etichette.

n.b.

Avere l’intolleranza al lattosio non vuol dire necessariamente rinunciare a tutti gli alimenti che contengono latte. Oggi esistono in commercio latti privi di lattosio (delattosati), perché trattati dall’industria alimentare o perché arricchiti di Lactobacillus acidophilus, un batterio che digerisce il lattosio. Esiste un lungo elenco di formaggi, per lo più stagionati, dove la presenza del lattosio di per sé è quasi del tutto se non addirittura assente, come pecorino, parmigiano, provolone, grana e altri formaggi stagionati. È molto importante differenziare l’intolleranza al lattosio dall’allergia alle proteine del latte vaccino. Allergie e intolleranze sono due disturbi spesso confusi a causa di alcuni sintomi per certi versi sovrapponibili, ma con caratteristiche ben distinte.

E se invece si tratta di allergia alimentare?

L’allergia alimentare è una reazione avversa a cibo mediata dal sistema immunitario e i sintomi, caratterizzati da:

  • orticaria
  • angioedema
  • eczema
  • vomito
  • diarrea
  • ipotensione fino anche allo shock anaflattico

sono spesso scatenati dall’assunzione anche di piccole quantità dell’alimento responsabile.

L’intolleranza alimentare

L’intolleranza alimentare, invece, agisce in relazione alla quantità di alimento ingerito con un fenomeno di accumulo di cosiddette tossine nell’organismo. La prevalenza dell’allergia alimentare, cioè di quella quota di reazioni avverse ad alimenti che hanno alla base un meccanismo immunologico, è circa il 6% in età pediatrica e il 3,7% negli adulti.

Il latte, le uova, le arachidi, il pesce, la soia e il frumento sono responsabili di circa il 90% delle reazioni allergiche ad alimenti in età pediatrica.

L’iter diagnostico in caso di sospetta reazione avversa ad un alimento inizia con un’accurata storia clinica e con l’esame obiettivo e poi prosegue con esami specifci di primo, secondo e terzo livello.

In conclusione

La diagnosi di allergia e/o intolleranza alimentare si deve effettuare con procedure scientifche per fornire informazioni adeguate alla famiglia, evitare false malattie, stati di ansia o diete nutrizionalmente sbilanciate per il bambino, attuando così una terapia corretta ed effcace.

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Articolo a cura di Federica Rota Specialista in Allergologia e Immunologia Clinica Pediatrica – Consulente Gruppo Bios SpA